Posted by : rico mercoledì 3 luglio 2013

Sono l'ebreo, lo zingaro, il comunista o quello per cui non c'era nessuno a protestare?
Dei controlli effettuati dall'amministrazione USA interessa poco ai lettori eppure si parla delle nostre vite. Perché questo disinteresse?


Nemmeno una gabbia invisibile può impedire ad un animo di esplodere”
Basterebbe questa frase di Brecht a spiegare l'errore che gli Stati Uniti – e non solo – hanno commesso e continuano a commettere. Schedare le conversazioni di milioni di americani non è semplicemente un gesto antidemocratico, è molto di più: è dittatura. Sia chiaro la parola non è usata a caso, non è il termine che, troppo spesso, viene utilizzato come arma di attacco politico contro un avversario, è una scelta chiara che vuole dividere ciò che è lecito da ciò che non lo è. Perché chiunque si sia commosso, chiunque si sia fermato a pensare alla fine de “Le vite degli altri” non può rimanere insensibile dinanzi le “pratiche di sicurezza” utilizzate, oggi, dagli USA.
Non c'è differenza, non ci può essere, tra il comportamento autoritario della DDR e quello della cosiddetta culla della democrazia. Non c'è differenza tra la misera vita del capitano Gerd Wiesler “HGW XX/7″ – protagonista del film – e quella di un triste agente del NSA che deve ogni giorno catalogare la mole di informazioni che ignari cittadini USA trasmettono attraverso i propri account.
C'è tristezza e autoritarismo finanche nel nome scelto per il programma: “Prism”, come se le nostre vite non fossero altro che fasci di luce pronti per essere spacchettati in differenti colori al fine di essere meglio analizzate.
C'è tristezza e autoritarismo nell'immaginare il più grande apparato di sicurezza del mondo destinare le proprie risorse a registrare le parole di due amanti, il vagito di un bambino per un padre lontano o a guardare le foto profilo di due giovani che si baciano.
Non c'è “sicurezza nazionale” che tenga dinanzi ad una cosa ampia violazione di qualsivoglia principio democratico. Non ci può essere giustificazione accettabile dinanzi all'idea di un'amministrazione che sceglie di controllare tutti per non controllare nessuno – Boston ne è un esempio -.
Non c'è nessun motivo di sicurezza nazionale che giustifica l'intromissione forzata nelle vite di trecento milioni di persone. Accettare l'intromissione nelle vite vuol dire accettare di essere considerati meno di un essere umano. Vuol dire accettare che tutto ciò che facciamo, tutto ciò che scriviamo, tutto ciò che guardiamo non è altro che un “colore” della nostra vita che altri analizzeranno. In altri termino un uomo – o una donna – non sono altro che elementi di una struttura che vanno controllati affinché non si allontanino troppo da ciò che l'amministrazione reputa sia il sentiero da seguire.
C'è tristezza nel vedere con quanta semplicità ciò venga accettato. C'è tristezza perché quel germe totalitario che c'è negli stati emerge – ciclicamente – celato, ogni volta, dietro la parola “sicurezza nazionale”. Ripensate agli antifascisti, ripensate agli ebrei, ai gulag, ripensate a Guantanamo. Ogni singola scelta, ogni singola aberrazione è stata giustificata dietro il paradigma del “bene supremo”.
Riguardatevi le “Vite degli altri”. Pensate a voi stessi, alle vostre conversazioni, alle vostre vite. Pensate a tutte le volte che dite “ti amo” e qualcuno dall'altra parte annota quella frase e saprà che quello è il vostro punto debole. Pensate ai vostri figli, alle volte che vi commuovete nel sentirli. I vostri silenzi saranno la leva da usare contro di voi.
Pensate alle parole non scritte. A tutti gli articoli di giornale che vengono letti prima di essere mandati in stampa, a tutte le volte che un'opinione differente viene letta o ascoltata prime di essere trasmessa al solo fine di garantire la sopravvivenza dell'apparato. E quando penserete che nulla di tutto ciò vi tocca, riprendete in mano la poesia di Brecht, non quella all'inizio di quest'articolo, quell'altra. Quella che parla di zingari, comunisti ed ebrei.
Rileggetela, magari mentre ascoltate l' “Appassionata” di Beethoven. E poi ripensate a tutte le frasi pronunciate o scritte con leggerezza che un giorno potrebbero ritorcervisi contro. Riprendete tutti i file che avete condiviso nelle vostre caselle di posta, nei cloud convinti che una password sarebbe bastata. Ripensate alle vostre vite che sono diventate le vite degli altri. E mentre ve ne chiederanno conto chiedetevi: sono l'ebreo, lo zingaro, il comunista o quello per cui non c'era nessuno a protestare?


FONTE

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