Posted by : rico venerdì 28 giugno 2013





Un terzo della produzione alimentare viene utilizzato per nutrire gli animali e il 45% del mais Usa serve per i biocarburanti

Il sistema alimentare globale deve essere ripensato radicalmente. L’allarme è ormai diffuso a livello di tutte le agenzie internazionali, dalle Nazioni Unite in giù per importanza. I principali paradossi che affliggono il pianeta ruotano, infatti, attorno al tema del cibo. Spesso in modo diretto: oltre un miliardo di individui sulla Terra sono colpiti da obesità o sovrappeso, un altro miliardo è malnutrito se non addirittura senza cibo. Non ha accesso a sufficienti risorse alimentari. Un numero ancor maggiore di persone (1,4 miliardi) vive con meno di 1,25 dollari al giorno.
CIBO PER TUTTI - Già oggi il sistema alimentare globale sarebbe in grado di fornire cibo sufficiente a tutti, ma un terzo dell’intera produzione alimentare viene utilizzato per nutrire i circa tre miliardi di animali da allevamento. E attenzione: la zootecnia, nel corrente sistema, contribuisce in maniera significativa ai fenomeni di cambiamento climatico. Si stima infatti che sia responsabile di almeno il 50% delle emissioni agricole di gas serra. Non solo. Altra distorsione che toglie cibo agli esseri umani: l’utilizzo di considerevoli parti dei terreni agricoli e dei raccolti globali per la produzione di biocarburanti. Negli Stati Uniti, l’economia più grande del pianeta, nel 2011 il 45% del mais raccolto è stato destinato alla produzione di biofuel. Questa forma di concorrenza tra cibo e carburante, non è accettabile considerando che milioni di persone potrebbero nutrirsi con ciò che diventa carburante.
DISPARITA'- Il sistema alimentare mondiale è in grado di produrre oggi poco meno di 2.800 calorie a persona ogni giorno, a fronte di un reale fabbisogno calorico medio pro capite per un individuo adulto di 2.550 calorie. Quindi tutti potrebbero mangiare e invece così non è. E siamo 7 miliardi. Quando saremo 9, continuando con gli squilibri di oggi, ben un terzo della popolazione rientrerà nell’area fame e malnutrizione. Mentre un altro terzo mangerà per due ammalandosi di obesità, diabete, disabilità precoci. Risultato: due terzi del pianeta, per motivi diversi, sarà ammalato di cibo.
SPRECHI ALIMENTARI - E colpisce il fatto che, nel mondo occidentale, ogni cittadino spreca una quantità di cibo pari a circa 2.054 chilocalorie: si tratta del fabbisogno calorico di una persona. Questo, mentre, 868 milioni di persone a livello globale soffrono la fame. Una mano sulla coscienza bisognerebbe metterla. Ma il fenomeno scandaloso dello spreco alimentare non si manifesta solo nell’ingiusta distribuzione dei beni a livello mondiale. Piuttosto, comporta una serie di ricadute disastrose anche sull’ambiente, sia perché gli stessi rifiuti sono fonte di C02, sia perché lo spreco disperde risorse preziose come acqua, terra, petrolio ed energia impiegati per produrre il cibo lungo la filiera. In Italia, ad esempio, gli sprechi agroalimentari dal campo alla tavola emettono circa 4 milioni di tonnellate di CO2, energia sufficiente ad alimentare i consumi energetici della popolazione italiana in un anno. Si calcola che la somma dei prodotti lasciati nei campi e dello spreco dell’industria alimentare comporti uno spreco totale di 186.000 tonnellate equivalenti di petrolio. Una quantità sufficiente per riscaldare 122.000 appartamenti da 100 mq per un anno.
SPRECHI DI ACQUA - A livello europeo, ogni persona spreca all’anno circa 60 metri cubi di acqua, pari a 12mila bottiglie da un litro e mezzo, e 334 metri quadri di terra arabile, poco meno di un campo da basket. «Il paradosso di oltre 800 milioni di persone che non hanno accesso al cibo, a fronte di uno spreco alimentare pari a oltre il 30% della produzione globale, non è soltanto intollerabile dal punto di vista etico – dice Riccardo Valentini, membro del gruppo di Al Gore che nel 2007 vinse il Nobel per la Pace. Valentini, noto esperto di ambiente e sistemi agricoli-forestali, nel board del Barilla center for food and nutrition (Bcfn) sostiene che anche in Italia si sono verificati segnali preoccupanti. Valentini, a Milano, spiega al Corriere: «Si tratta di una vera e propria emergenza anche sul fronte ambientale, che governi e istituzioni di tutto il mondo devono affrontare con decisione. Acqua, energia e ettari di terreno vengono utilizzati per produrre cibi che vengono poi gettati, con costi enormi per la salute del Pianeta. È ormai necessario rivedere radicalmente i comportamenti e le abitudini di consumo di buona parte degli abitanti della Terra, in particolare nel mondo Occidentale».
IL RUOLO DI VALENTINI - Valentini è stato, tra gli altri numerosi incarichi avuti, presidente del Comitato Scienza e tecnologia della convenzione Onu per la lotta alla desertificazione, nell’ambito della quale ha promosso molti progetti di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo e con l’Africa. Per lui il Nobel insieme ad Al Gore è arrivato grazie alle ricerche sul ruolo dei sistemi agricoli e forestali per l’attuazione degli accordi delle Nazioni Unite nei cambiamenti climatici e l’effetto serra. Con lui, nel board Bcnf, Danielle Nierenberg, esperta di agricoltura sostenibile e fondatrice, con Ellen Gustafson, di «FoodTank: the Food Think Tank», organizzazione nata per combattere fame, obesità e povertà attraverso soluzioni sostenibili che salvaguardino la salute del pianeta. Il suo pensiero: «Il pianeta non può più aspettare: oltre un miliardo di tonnellate di cibo gettato ogni anno potrebbe sfamare per quattro volte tutte le persone malnutrite, con effetti immediati nella lotta contro la fame e grandi benefici anche per la salute della Terra».

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