Posted by : rico venerdì 14 giugno 2013

La macero stigliatura della canapa





Centro ammasso di San Giorgio di Piano, n.1
Destinato all'installazione dell'impianto pilota di macero-stigliatura
IL PROGETTO PER UN IMPIANTO PILOTA
LE PROVE CONDOTTE NELL'ESTATE 1961, PRESSO IL CENTRO AMMASSO DI PIEVE DI CENTO, HANNO ACCERTATO E CONFERMATO CHE SI PUò MACERARE PRODOTTO PRESTIGLIATO CONTENENTE IL 50% DI CANAPULO; CHE LA MACERAZIONE SI COMPIE NEL GIRO DI 48/72 ORE ANZICHè IN 5 - 9 GIORNI, COME AVVIENE NEL MACERO ORDINARIO, E CHE IL PRODOTTO OTTENIBILE NON è INFERIORE A QUELLO PROVENIENTE DALLA MACERAZIONE RUSTICA.

Nel quadro degli studi e sperimentazioni promossi dal Consorzio nazionale produttori Canapa in relazione agli indirizzi del Ministero per l'Agricoltura di fronte ai problemi della canapicoltura e che hanno determinato la preoccupante contrazione della coltivazione, assume particolare rilievo, specialmente per le zone canapicole dell'Italia settentrionale, quello della macero-stigliatura. È la fase del ciclo produttivo della fibra che inizia dopo il taglio degli steli e che si distingue in modo netto da quello strettamente colturale, per cui è da considerarsi nel settore di trasformazione dei prodotti agricoli.
Una delle ragioni che hanno determinato l'attuale contrazione della produzione canapicola del Settentrione e che ne ostacola la ripresa, è la gravosità del lavoro di macerazione ed estrazione della fibra secondo i tradizionali metodi rustici che impongono, nella stagione estiva, un intenso e faticosissimo lavoro, dal quale le maestranze agricole si sono allontanate ed al quale non intendono più prestarsi. E ciò nonostante le migliori prospettive determinate dall'impiego della nuova semente di canapa "Fibranova" ottenuta dal Consorzio mediante la selezione genetica e che assicura una resa in fibra del 50% ed oltre superiore a quella fornita dalle tradizionali varietà.
Il Consorzio, sulla base degli studi condotti dal prof. Sacchetti, della Facoltà di Agraria dell'Università di Bologna, sui microrganismi maceranti, si è proposto innanzi tutto di risolvere la prima di tali operazioni, quella cioè della macerazione, nell'intento di assicurare, mediante impiego di specifici maceranti, invece della utilizzazione di flore spontanee come quelle che si manifestano nei maceri rustici o in maceri specializzati, le possibilità di macerare il prodotto non allo stato di bacchetta, ma di prestigliato. Si tratta di una preliminare stigliatura, consistente nella rottura della parte legnosa della pianta e nell'eliminazione di una parte dei canapuli, al fine di consentire piu' agevoli operazioni e la macerazione, a parità di volume di acqua, di un maggior quantitativo di prodotto, nonchè di una riduzione dei tempi di macerazione.
Le prove condotte nell'estate 1961 presso il Centro ammasso di Pieve di Cento, hanno accertato e confermato che si può macerare prodotto prestigliato contenente il 50% di canapulo; che la macerazione si compie nel giro di 48/72 ore anzichè in 5/9 giorni, come avviene nel macero ordinario, e che il prodotto ottenibile non è inferiore a quello proveniente dalla macerazione rustica.
Tale premessa ha consentito di porre allo studio la progettazione di un impianto pilota nel proposito di confermare la convenienza economica di tali operazioni, che si presumono contenibili entro limiti di costo sopportabili.
Lo studio e la preparazione del progetto sono stati affidati ai funzionari del Consorzio sig. Max Coen Bartoletti, rag. Agostino Mercuri e geom. Giorgio Tonelli, al funzionario dell'Associazione produttori Canapa, dott. Guido Ariatti, e vi ha partecipato l'ing. Umberto Jorio del Linificio e Canapificio nazionale, dato l'interesse che l'industria canapiera ha di vedere risolto questo problema.
Il Consorzio, conclusi i lavori, ha presentato al Ministero per l'Agricoltura il progetto accuratamente elaborato che prevede l'installazione dell'impianto pilota utilizzando l'immobile e l'area circostante del Centro di ammasso di S. Giorgio di Piano n. 1, presso Bologna.
Non vi è dubbio che un impianto pilota come quello di cui al progetto in parola - che si propone di sperimentare le possibilità di un'industrializzazione delle operazioni di macero-stigliatura della Canapa, sottraendole al lavoro del canapicoltore - costituisce un esperimento che per l'importanza e per gli scopi che vuole raggiungere, riveste carattere di opera di interesse nazionale. Tale impianto, previsto ora in una località che si trova in buona posizione nella zona in cui permane tuttora, sia pure ridotta, la coltivazione della Canapa, e che offre possibilità per una soddisfacente espansione, dovrà consentire analoghe installazioni ulteriormente perfezionate ed opportunamente dislocate nei vari centri canapicoli.
Nel presentare il progetto al Ministero, e sulla base delle considerazioni su esposte, il Consorzio ha prospettato l'opportunità di provvedere all'installazione del previsto impianto pilota, a termini dell'art. 21, secondo comma, della legge 2 giugno 1961, n. 454, concernente il "Piano quinquennale per lo sviluppo dell'agricoltura", facendo presente che la gestione potrebbe essere affidata al Consorzio oppure all'Associazione produttori Canapa.
è opinione unanime di agricoltori, di tecnici, di studiosi e di industriali interessati al problema, che la ripresa della produzione canapicola in Italia, ed in special modo nelle province del Settentrione, sia subordinata al sorgere di opifici nei quali le operazioni di macerazione e preparazione della fibra vengano effettuate seguendo un razionale processo meccanizzato. In tale modo verrebbe eliminata dall'ambito dell'Azienda agraria questa operazione troppo esigente di braccia e tanto invisa ai contadini, separando così il ciclo produttivo della canapa in due distinte fasi, la prima strettamente colturale che si conclude sul fondo di produzione con il taglio degli steli verdi e la loro consegna, confezionati nel modo piu' semplice e meno dispendioso, e la seconda da considerarsi nel settore di trasformazione dei prodotti agricoli che si compirebbe in detti opifici.
L'idea della macerazione delle fibre tessili vegetali in stabilimento con procedimenti chimici o microbiologici appassiona ed interessa agronomi e ricercatori da quasi un secolo, in Italia, come in altri Paesi europei ed extraeuropei.
Epperò, il cammino sperimentale per giungere a positivi risultati che aprissero la strada all'applicazione pratica del processo di macero-stigliatura organizzato in appositi stabilimenti, si è presentato irto di innumerevoli difficoltà di ordine tecnico ed economico. Il problema è stato, nondimeno, coraggiosamente affrontato dal Consorzio nazionale produttori Canapa e, mercè la collaborazione preziosa di illustri studiosi, si sono dischiuse le piu' favorevoli prospettive alla sua risoluzione.
Presa conoscenza delle esperienze già acquisite nel settore del Lino, la cui macerazione con il procedimento microbiologico è ormai praticata ampiamente su scala industriale in Francia ed in Belgio, il Consorzio nazionale produttori Canapa ha proceduto nello studio di impianti di macerazione della canapa che rispondessero alle seguenti primarie esigenze:
  • sollevare i canapicoltori dall'impegno e dalle fatiche della macerazione;
  • assicurare prodotti almeno equivalenti qualitativamente a quelli ricavati con la macerazione rustica;
  • realizzare opifici i cui costi di impianti e di esercizio consentano una parità e, se possibile, una economia di spesa rispetto alla macerazione rustica. Si è quindi programmata la costruzione di un impianto pilota su scala semi industriale e sono stati promossi e finanziati progetti che, oltre a corrispondere alle anzidette esigenze, risolvessero i molti problemi tecnologici che inevitabilmente sorgono allorchè si debba realizzare un processo industriale assolutamente nuovo, privo di possibili riferimenti ad esperienze altrui.
I progetti presentati, seppure ingegnosamente concepiti, non dettero risposte definitive ai molti quesiti di carattere tecnico che si presentavano sul tappeto, nè furono del tutto incoraggianti rispetto al problema del rendimento economico della impresa, la risoluzione del quale è conditio sine qua non per il successo di ogni iniziativa di carattere industriale.
Il Consorzio nazionale produttori Canapa, per procedere con serietà di intenti e con le cautele che si richiedono quando ci si muove per la prima volta in un settore di attività di così vasta portata, decise nel 1961 la effettuazione di prove di macerazione microbiologica di notevole ampiezza, utilizzando - con opportuni adattamenti - alcune sue attrezzature esistenti presso il Centro ammasso Canapa di Pieve di Cento (Bologna).
Lo studio e la programmazione di tali prove vennero effettuati di concerto con il prof. Mario Sacchetti, direttore dell'Istituto di Microbiologia agraria della Università di Bologna, il quale, già negli anni precedenti, aveva effettuato per incarico del Consorzio nazionale produttori Canapa una sperimentazione preliminare ai fini della impostazione di un impianto pilota di macerazione microbiologica da lui stesso progettato.
L'esito di quelle prove è stato decisamente positivo: si è dimostrata la possibilità di macerare la Canapa prestigliata in luogo della bacchetta con un procedimento meccanico atto a consentire la meccanizzazione del lavoro e di fornire prodotti almeno equivalenti a quelli ricavati con la macerazione rustica; si sono potute studiare e mettere a punto, altresì, alcune non trascurabili questioni di dettaglio, quali:
  • i tipi di macchine occorrenti per la prestigliatura della bacchetta e per la essiccazione e la gramolatura del macerato;
  • il grado di decanapulazione e di compressione del prestigliato che meglio si presta alla macerazione;
  • l'azione delle colture microbiche e della temperatura regolata;
  • il rapporto volumetrico fra acqua macerante e canapa;
  • la durata del processo macerativo;
  • la possibile ripetizione delle cotte nella medesima acqua;
  • la influenza del lavaggio sulla qualità della fibra.
Si può dunque dire che i risultati di quelle prove hanno confermato che il problema tecnico della macerazione, mediante l'applicazione del processo microbiologico con batteri anaerobi, è stato brillantemente risolto, come molte delle preesistenti incognite riguardanti la meccanizzazione dell'impianto sono cadute o hanno trovato soluzione soddisfacente.
La sperimentazione condotta a Pieve di Cento ha messo in evidenza, fra i diversi problemi che sono stati risolti, la possibilità di macerare la fibra mediante un appropriato grado di prestigliatura della canapa, che la macerazione, con l'impiego di specifiche colture batteriche in acqua riscaldata si compie nel giro di 48/72 ore, che la fibra ottenuta da tali macerazioni non è inferiore a quella proveniente dalla macerazione rustica, anzi si può senz'altro affermare che la fibra risulta di maggiore consistenza in quanto nella fase di gramolatura fornisce un quantitativo di stoppe di gran lunga inferiore a quello che si ottiene dalla macerazione rustica, e alla pettinatura si hanno delle rese in pettinato superiori del 5 - 10%.
Mercè quelle prove anche lo studio dell'aspetto economico della macerazione industriale si è potuto disancorare da alcuni schemi e presupposti dimostratisi falsi o superati, perchè la rilevazione metodica dei vari elementi caratteristici delle diverse fasi di lavoro sperimentale (tempi, rendimenti, consumi ecc.), ha fornito l'indispensabile appoggio per l'elaborazione del progetto.

SCOPI DELL'IMPIANTO - Gli scopi principali che il Consorzio nazionale produttori Canapa si propone con la costruzione e la gestione dell'impianto pilota, si possono così sintetizzare:
  • dimostrare che la macerazione della Canapa può essere trasferita dall'ambito dell'azienda agraria ad appositi stabilimenti dislocati nei centri caratteristici di produzione, ottenendo prodotti qualitativamente uguali o migliori a costi pari od inferiori;
  • accertare il costo dell'investimento occorrente per la costruzione di opifici di capacità produttiva ottimale e calcolarne l'aliquota di ammortamento che risulti economicamente ripartibile nel tempo in funzione del costo di esercizio.
Altri obiettivi che si voglio raggiungere sono:
  • affinare il processo tecnologico dell'impianto attraverso lo studio e l'applicazione della maggiore meccanizzazione possibile del lavoro;
  • istituire una analisi ordinata degli elementi componenti il costo della gestione per seguire la incidenza economica nelle singole fasi di lavorazione rispetto al tutto e venire in possesso così di ogni dato conoscitivo utile al miglioramento funzionale dell'impianto, al fine ultimo di abbassare sempre di piu' in futuro il costo della macerazione industriale;
  • sperimentare diversi procedimenti di macerazione microbiologica e chimica da mettere a confronto con quello prescelto al fine di ottenere il miglioramento qualitativo dei prodotti.
UBICAZIONE - Per facilitare ed accelerare la realizzazione dell'impianto pilota il Consorzio ha stabilito di mettere a disposizione uno dei suoi complessi di ammasso che sono rimasti inoperosi in Emilia in seguito alla crisi di sottoproduzione della canapa tessile. In tale maniera si può ovviare alla costruzione di nuovi fabbricati che richiederebbero un certo tempo ed una spesa di investimento non inferiore a cento milioni di lire.
Inoltre si è previsto di utilizzare, con opportuni adattamenti e trasformazioni, alcune attrezzature fisse ed un certo numero di macchine di cui sono dotati i magazzini del Consorzio nazionale produttori Canapa, per consentire ulteriori economie nel costo dell'impianto, calcolabili, nell'insieme, intorno a 15 milioni di lire.

Naturalmente la scelta dell'immobile destinato ad ospitare l'impianto doveva essere fatta tenendo presente:
  • la capacità produttiva programmata;
  • l'esigenza di disporre di acqua idonea alla macerazione in quantità adeguata;
  • la necessità di ubicare l'opificio al centro di un'ampia zona agricola di tradizione canapicola, in modo da assicurare il facile approvvigionamento della bacchetta occorrente ad alimentare l'impianto e da incentivare la ripresa della coltivazione della Canapa nelle campagne circostanti.
Il complesso prescelto sorge alla periferia del centro abitato di S. Giorgio di Piano, comune di 4700 abitanti, in provincia di Bologna. è situato lungo la strada comunale di Bentivoglio, a circa 200 metri dalla stazione ferroviaria della linea Bologna - Padova. Le aziende agricole del territorio, entro un raggio di 15 chilometri, coltivano tuttora canapa in estensioni sufficienti a fornire complessivamente 25/30.00 quintali di bacchetta e potrebbero, nel volgere di qualche anno, riestendere gli investimenti fino a raggiungere i 100 mila quintali di prodotto verde.

CAPACITà PRODUTTIVA - Il programma di lavorazione è stato predisposto per ottenere almeno 3000 quintali di fibra macerata in sei mesi di attività. Si è giudicato utile, in un primo tempo, sperimentare il funzionamento dell'impianto nelle condizioni stagionali piu' favorevoli possibili, utilizzando i mesi piu' caldi dell'anno. La quantità di Canapa in bacchetta occorrente per il programma semestrale è di 23.000 o 24.000 quintali; da essa si otterranno circa 14.000 quintali di prestigliato da macerare.
Bisogna, però, avvertire che la potenzialità effettiva dell'impianto, ad attività annuale continua, è di almeno q 6000 di fibra macerata , mentre si può prevedere che tale produttività possa essere spinta fino a q 8000 annui, attraverso il miglioramento tecnologico dell'impianto e forse anche mediante la probabile riduzione del tempo occorrente per il compimento del processo macerativo.
Se questa prospettiva si realizzerà, come si ha fondato motivo di ritenere, l'opificio assorbirà non meno di 60.000 quintali di prodotto verde in bacchetta, ottenibili da una superficie da coltivare a Canapa di Ha 600. L'impianto, perciò, oltre che adempiere alla funzione di "pilota", costituirà una unità produttiva di tipo industriale di notevole importanza.

SISTEMA DI PRODUZIONE E SUO FUNZIONAMENTO - Il sistema di produzione dell'impianto può essere suddiviso nei seguenti reparti, che corrispondono ad altrettante fasi di lavorazione:
  • ricevimento ed accatastamento della canapa verde in bacchetta;
  • prestigliatura;
  • preparazione dei contenitori da macerare;
  • preparazione delle precolture e macerazione;
  • strizzatura ed essiccazione;
  • gramolatura, selezione ed imballo.
Ricevimento ed accatastamento della canapa verde in bacchetta. - Si prevede di ricevere in stabilimento gli steli verdi di canapa (bacchetta), ben stagionati e defoliati, confezionati in fasci semplicemente legati, con la esclusione, cioè, della tiratura e della cimatura.
Queste ultime operazioni di assortimento, sempre praticate dagli agricoltori settentrionali come necessaria preparazione della macerazione rustica, non appaiono indispensabili allorchè si effettui la macerazione di prestigliato, anche perchè non influiscono in grado apprezzabile sui rendimenti e sulla qualità della fibra.
L'abbandono di questa pratica sarà di grande sollievo per i canapicoltori, data la carenza di mano d'opera di cui soffrono sempre piu' le aziende agricole.
Le operazioni di ricevimento della bacchetta saranno condotte il piu' celermente possibile entro la stagione estiva onde proteggere il prodotto dalla umidità e dalle intemperie. Per la conservazione di quella parte di materiale che eccederà la potenzialità giornaliera di assorbimento dell'impianto di stigliatura si procederà alla formazione di cataste di bacchetta all'aperto confezionate a regola d'arte.

Prestigliatura. - Questa operazione consiste nell'allontanamento di parte del canapulo (circa il 50%) allo scopo di diminuire notevolmente il volume della massa da macerare e permettere il riempimento di contenitori da introdurre nelle vasche di macerazione.
Si è ritenuto opportuno adottare questo grado di prestigliatura in quanto si è constatato che un allontanamento piu' sensibile di canapulo può rendere il prestigliato nei contenitori poco poroso, con conseguente difficoltà di penetrazione dell'acqua nell'interno della massa di canapa che si pone a macerare.
La prestigliatura viene effettuata con macchine scavezzatrici formate da 12 cilindri metallici, scanalati longitudinalmente, disposti a coppie parallele, montati su di un telaio rigido. Ai cilindri è impresso un movimento rotativo in modo che la bacchetta, introdotta per un'apposita guida, viene presa e costretta a passare attraverso i cilindri stessi che provvedono alla scavezzatura. La regolazione dello spazio tra i cilindri delle coppie permette di ottenere il grado ottimale di prestigliatura.

Preparazione dei contenitori da macerare. - Dalla sala di prestigliatura o dai depositi il prestigliato viene periodicamente prelevato e confezionato in modo da permettere la sua rapida e costante immersione nelle vasche.
Per questo scopo sono previsti dei particolari contenitori metallici rigidi, simili a gabbie, entro i quali trova sede il prestigliato. Questi contenitori, provvisti di opportuni organi di aggancio, vengono prelevati da carrelli trasportatori e portati nella sala di macerazione, pronti per essere introdotti nelle vasche. I contenitori, di forma parallelepipeda, hanno un volume di un metro cubo circa, sono lunghi m 1,50, larghi m 0,80 e alti m 1 e possono contenere da 1 a 1,20 quintali di prestigliato, a seconda della compressione che viene data al prodotto.

Preparazione delle precolture e macerazione. - La macerazione viene effettuata utilizzando acqua pura alla quale viene addizionata in quantità massiva della flora batterica anaerobica, selezionata dal prof. Mario Sacchetti, riferibile a tipi di Clostridium felsineum e Clostridium sp., capace di compiere il processo di macerazione. Questo materiale biologico (precoltura), da aggiungere all'acqua, viene ottenuto entro vasche contenenti substrati nutritivi in soluzione e sospensione acquosa mantenuti ad un livello termico costante.
Periodicamente questi substrati vengono inseminati con colture artificiali di batteri allevate in laboratorio, in modo da ottenere abbondanti dosi di precoltura da addizionare all'acqua contenuta nelle vasche.
Il rapporto volumetrico fra canapa prestigliata ed acqua macerante è stato fissato, su indicazione del prof. Sacchetti, in 1 : 1,20.

La sala di macerazione è stata divisa in due parti, nelle quali sono previsti due diversi sistemi di introduzione e di estrazione dei contenitori. Nel primo sistema queste operazioni sono eseguite con l'ausilio di un paranco elettrico mobile, sostenuto mediante apparecchiatura a ponte su apposite rotaie sopraelevate a circa 6 metri al di sopra delle vasche. I contenitori, prelevati dai carrelli trasportatori dalla sala di confezionamento, sono agganciati al paranco che provvede a portarli al di sopra della vasca per poi calarli nel suo interno.
Allo scopo di evitare il galleggiamento si è pensato di provvedere il contenitore di una zavorra di ghisa, applicata sul fondo, tale da mantenerlo sommerso nell'acqua e fermo nel punto in cui viene deposto.
Al termine della macerazione la stessa attrezzatura viene utilizzata per l'estrazione del macerato e per l'immissione di nuova canapa da macerare. In questo sistema le operazioni di immissione e di estrazione dei contenitori risultano successive e richiedono tempi pressochè uguali.
La capacità del sistema è di n. 148 contenitori.
Nel secondo sistema le operazioni di immissione ed estrazione si rendono contemporanee. Si è prevista, così, la costruzione di vasche piu' lunghe disposte nel senso della lunghezza della sala e provviste di catenarie continue, mobili entro apposite corsie fissate al bordo delle pareti delle vasche stesse. Il contenitore, portato dal carrello trasportatore alla testata di una vasca, è fissato in posizione orizzontale al sistema trainante; con una rotazione di 90 gradi verso il basso il contenitore viene immerso nell'acqua e simultaneamente si rende libero un nuovo alloggiamento per un secondo contenitore. Si procede così finchè il primo contenitore introdotto nella vasca non abbia raggiunto, trainato dalla attrezzatura mobile, la testata opposta.
Al termine della macerazione, si pone di nuovo in movimento il sistema trainante, in modo che da un lato della vasca si effettua la estrazione dei contenitori macerati ad uno ad uno, mentre dal lato opposto si attua la contemporanea immissione di nuovi contenitori da macerare.
Il sistema trainante, cioè, fa ruotare verso l'alto di 90 gradi il contenitore macerato in modo da porlo fuori dall'acqua in posizione orizzontale, ed il carrello trasportatore provvederà ad allontanarlo; tutti i contenitori della vasca avanzano tanto da liberare un alloggiamento nella testata di carico, alloggiamento che verrà occupato da altro contenitore già preparato sull'apposito apparecchio per la immissione.
L'estrazione di un contenitore macerato e la immissione di un contenitore da macerare sono così ottenute con un unico movimento della catenaria.
La capacità del sistema è di n. 117 contenitori.

Strizzatura ed essiccazione. - Al termine della macerazione i contenitori vengono prelevati nella sala vasche dai carrelli trasportatori e portati nel locale in cui si effettuano la strizzatura e l'essiccazione. Per eseguire quest'ultima è previsto l'uso di un essiccatoio a tunnel fornito di un tappeto mobile, ad una testata del quale si procede alla imboccatura del materiale umido mentre dalla testata opposta si estrae quello essiccato.
Al fine di evitare l'introduzione nell'essiccatoio di canapa eccessivamente satura di acqua sono previsti due strizzatoi a rulli, posti di fronte alla bocca di carico dell'essiccatoio stesso.
Il materiale da essiccare viene, cioè, deposto sopra un tappeto trasportatore che lo convoglia verso le due coppie di rulli le quali, opportunamente distanziate fra loro, provvedono ad allontanare buona parte dell'acqua di imbibizione. All'uscita dai rulli, il prestigliato macerato e strizzato trova un secondo tappeto trasportatore che lo convoglia all'essiccatoio.

Gramolatura, selezione, imballo. - Dal momento in cui il prestigliato macerato esce dall'essiccatoio, le operazioni successive risultano uguali a quelle che comunemente vengono eseguite dagli agricoltori ed in parte presso i magazzini di ammasso. Alla gramolatura del prodotto si procede con particolari macchine a rullo rotante, provvisto di coste, al fine di allontanare tutti i residui di canapulo in tempo brevissimo.
Queste macchine assolvono anche alla funzione di stirare e distendere parallelamente le fibre delle mannelle di canapa ed infine servono ad asportare dal tiglio, sotto forma di polvere scura, impalpabile, buona parte dei materiali incrostanti (pectine, gomme ecc.) già disciolti nel processo di macerazione e poi essiccati.
Quindi si passa all'assortimento del prodotto, cioè alla "sceglitura" ed alla "accompagnatura" a seconda delle caratteristiche merceologiche della fibra ed infine alla confezione delle balle pressate utilizzando la usuale macchina azionata da motore elettrico.
Si conclude così, nell'ambito dello stabilimento, il complesso lavoro che, partendo dai fasci di canapa verde, attraverso le operazioni di prestigliatura, di macerazione e di essiccazione, giunge al tiglio macerato pronto per essere utilizzato dall'industria tessile.

CICLO DI LAVORAZIONE. - Poichè i tempi occorrenti per eseguire la riempitura e lo svuotamento delle vasche e quelli necessari perchè si compia la macerazione sono costanti e si succedono a ritmo sempre uguale, tutte le altre operazioni che precedono e seguono devono essere necessariamente regolate secondo il ciclo di lavorazione attuabile nella sala vasche.
Al fine, pertanto, di conoscere l'andamento della macerazione nel tempo ed il ritmo di produzione mediamente ottenibile, è stato analizzato graficamente il ciclo di lavoro relativo a questo settore dell'impianto industriale.
L'indagine mette in evidenza anche il tempo necessario per l'introduzione e la estrazione di un contenitore a seconda che si operi nelle vasche di macerazione del primo sistema od in quelle del secondo. Infatti nelle vasche del primo sistema il suddetto tempo è stato considerato in 12 minuti primi (introduzione 6 min., estrazione 6 min.), mentre nelle vasche del secondo sistema il tempo è stato previsto in 7 minuti, essendo queste due operazioni simultanee.
Il tempo necessario per una buona macerazione del prestigliato è stato prudentemente considerato in tre giorni (72 ore), sebbene vi sia la possibilità di accelerare il processo macerativo affinchè si completi in un tempo piu' breve.
Nella sala vasche, in relazione ai sopra detti tempi tecnici, sono stati previsti due turni di lavoro di 8 ore ciascuno, con inizio alle ore 6 e termine alle ore 22.
Le operazioni di immissione dei contenitori nelle vasche sono concluse dopo 3 giorni dal loro inizio; dopo questo periodo, cioè, tutte le vasche sono piene di contenitori da macerare.
Dopo 3 giorni di permanenza nell'acqua macerante, si inizia la estrazione dei contenitori e l'introduzione di nuovi; tale gruppo di operazioni si concluderà, anch'esso, dopo 3 giorni.
Questa successione di operazioni si prevede venga effettuata per 5 volte con la medesima acqua ed al termine dell'ultima di procede solo all'estrazione del materiale macerato, senza effettuare una nuova immersione; questo per permettere il ricambio dell'acqua macerante che si ritiene ormai inidonea, per il lavaggio delle vasche e per le normali operazioni di manutenzione delle attrezzature meccaniche.
Al termine di queste operazioni si riempiono di nuovo le vasche seguendo gli stessi criteri descritti prima. Pertanto la lavorazione nella sala vasche segue a cicli di cinque macerazioni, divise da un intervallo durante il quale si procede alla manutenzione delle attrezzature ed alla pulizia delle vasche.
Tenendo conto che in 5 cotte si macerano 1325 quintali di prestigliato, pari a 331,20 quintali di fibra secca, la produzione oraria media di fibra secca, considerando anche i tempi non produttivi, risulta di q 0,76. Nel corso di sei mesi tale produzione risulta di circa q 3356.
Il ciclo di lavorazione da attuare nello stabilimento si può quindi programmare come segue:
Considerando la capacità lavorativa delle 4 macchine stigliatrici, che è di q 20 di bacchetta, pari a 12 quintali complessivi di prestigliato all'ora, si è stabilito di far funzionare il reparto di "prestigliatura" per 16 ore giornaliere, divise in due turni di 8 (dalle 6 alle 14 e dalle 14 alle 22).
Con tale ritmo saranno scavezzati 24.000 quintali di bacchetta in sole 75 giornate di lavoro, con una produzione giornaliera di q 180 di prestigliato.
Sarà, così, assicurata, oltre alla normale alimentazione della sala vasche, che è di 85-88 quintali di prestigliato al giorno, la riserva di materiale per la macerazione durante i mesi in cui non si effettuerà il lavoro di scavezzatura.
La preparazione dei contenitori deve essere eseguita necessariamente a mano e deve compiersi al ritmo di 6 contenitori all'ora, quanti se ne richiedono per l'alimentazione regolare delle vasche.
Considerando che per riempire, chiudere e caricare sul carrello trasportatore il contenitore occorrono 20 minuti primi, si prevedono 16 ore giornaliere di lavoro, divise in due turni di 8 (dalle 6 alle 14 e dalle 14 alle 22), da parte di due squadre composte di tre donne ciascuna.
Dei tempi necessari perchè si compia il ciclo di lavoro nella sala vasche si è già detto al principio di questo capitolo; si ritiene, perciò, sufficiente ripetere che il lavoro per l'introduzione e l'estrazione dei contenitori è stato previsto in 16 ore giornaliere, divise sempre in due turni di 8 (dalla 6 alle 14 e dalle 14 alle 22). Ad esso partecipano due carrellisti - per il trasporto del materiale verde e di quello macerato - e due operai addetti alle attrezzature meccaniche del primo e del secondo sistema.
La strizzatura e la essiccazione del macerato si devono compiere senza soluzione di continuità, al ritmo di quintali 12 di materiale all'ora (6 di prestigliato e 6 di acqua), ad evitare che il prodotto umido uscente dalle vasche si accumuli e rimanga a stazionare in quello stato.
Si è previsto, pertanto, che il reparto essiccazione lavori contemporaneamente agli altri per 16 ore, divise in due turni di 8 (dalle 6 alle 14 e dalle 14 alle 22). Due operaie alimenteranno con continuità il tappeto trasportatore che convoglia il macerato agli strizzatoi e due altre ritireranno dalla bocca di uscita dell'essiccatoio il materiale secco che passerà subito alla gramolatura.
Il materiale secco esce dall'essiccatoio nella quantità di 6 quintali all'ora. La capacità produttiva della macchina gramolatrice va da un minimo di kg 25 ad un massimo di 40 chilogrammi di prodotto finito all'ora, a seconda della qualità e della lunghezza della fibra.
Considerando che dal prestigliato macerato secco la resa media di fibra alla gramola si aggira intorno al 28%, la macchina può lavorare mediamente 125 chilogrammi di prestigliato all'ora.
Si è previsto, perciò, che lo smaltimento del prodotto essiccato possa essere effettuato con l'impiego di 4 macchine gramolatrici o di 8, a seconda che si voglia far funzionare il reparto 16 ore al giorno (due turni) oppure soltanto 8 ore.
Le operazioni di assortimento del prodotto gramolato avverranno secondo criteri tecnici nuovi rispetto ai tradizionali procedimenti di "sceglitura" e di "accompagnatura".
E poichè si tratta di operazioni manuali, si dovrà conciliare l'esigenza di preparare lotti di prodotto omogenei aventi caratteristiche merceologiche ben definite con quella del minimo impiego di mano d'opera.
Si ritiene che la produzione di una giornata possa essere assortita con l'impiego di tre operai durante le ore diurne di maggiore luce solare.
La confezione delle balle, eseguita con la comune pressa a motore elettrico, impiegherà due operai e concluderà il lavoro del reparto.
Il ciclo di lavorazione sopra descritto permette di non ricorrere, per quanto è consentito dalle esigenze tecniche di funzionamento dell'impianto (centrale termica e sala vasche), al lavoro manuale notturno; ciò è stato studiato onde evitare le maggiorazioni contrattuali di salario che incidono in misura notevole sul costo della mano d'opera.
Si ritiene utile concludere informando che l'impianto progettato è capace di produrre un quintale di canapa in tiglio macerato in sole 80 ore di lavorazione dal momento in cui la bacchetta verde corrispondente è stata introdotta nello stabilimento.
E tale dato acquista un significato apprezzabile se si pone mente al lungo e spossante lavoro che il contadino deve compiere durante i mesi di agosto e settembre in pessime condizioni igieniche e con mezzi tanto primitivi quanto antieconomici, per portare a buon fine la lavorazione rustica.

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